La situazione Economica Politico Sociale dell'Italia del primo dopoguerra.
Il primo dopoguerra è una lunga stagione di amarezze, frustrazioni e rancori. Sono frustate e amareggiate, in primo luogo, le potenze sconfitte, le nazionalità "irredente" e quelle potenze vincitrici (fra cui l'Italia) che si considerarono "defraudate" dalle decisioni delle potenze maggiori. Ogni paese europeo ha alle proprie spalle un creditore esigente e deve far fronte, contemporaneamente, a grandi problemi sociali, economici, finanziari: il ritorno dei reduci, la soddisfazione degli impegni assunti con i combattimenti durante la guerra, la ricostruzione di città distrutte, la conversione dell'economia di guerra in economia di pace, il risanamento del bilancio, lo smantellamento delle strutture amministrative create per le esigenze del conflitto.
In questo disordine economico e sociale cominciano a farsi strada le grandi utopie rivoluzionarie del secolo. Dall'esistenza {stessa dell'Italia lo Stato si era identificato con l'egemonia delle forze monarchico liberali contrapposte a quelle dei cattolici e dei socialisti. Le forze liberali tuttavia dopo il 1915 si erano scisse in Giolittiani ed Interventisti ed alla fine della guerra il loro predominio appariva sempre più minacciato dalle forze cattolico-socialiste.
I cattolici, infatti, si organizzarono con il sacerdote Luigi Sturzo nel Partito Popolare Italiano trovando largo consenso nella popolazione stremata dalla guerra, perché essi si erano sempre pronunciati contro l'intervento del 1915. I socialisti invece trovarono appoggio dalle larghe masse di operai, di contadini e di antimilitaristi anche grazie all'esempio che aveva dato la Rivoluzione Russa.
La Russia sovietica, infatti, sorta dalla rivoluzione d'Ottobre, diventa per alcuni una promessa, per altri una minaccia. In molti paesi, fra cui l'Italia, sorgono movimenti nazionalisti e sociali che contendono al comunismo e al socialismo l'organizzazione delle masse.
Giovanni Ceglia
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